I nostri precursori

La "cura dell'anima"

“L’anima si cura con certi incantesimi e questi incantesimi sono i bei discorsi, da cui nell’anima si genera saggezza; una volta che questa sia nata e si sia radicata, allora è facile ridare la salute alla testa e a tutte le altri parti del corpo […] che nessuno ti convinca a curargli la testa con questo farmaco, senza prima averti affidato l’anima da trattare con l’incantesimo.” (Platone, Carmide 157 a-b)


Biblioteche "ospedali dell'anima"

“Costruire, significa collaborare con la terra, imprimere il segno su un paesaggio che ne resterà modificato per sempre, contribuire a quella lenta trasformazione che è la vita stessa delle città… fondare biblioteche e’ come costruire ancora granai pubblici, ammassare riserve contro un inverno dello spirito che da molti indizi, mio malgrado, vedo venire”

Memorie di Adriano, Marguerite Yourcenar

 

 

Marguerite Yourcenar, nel suo romanzo Memorie di Adriano, ci illumina con un passo che è tesoro di conoscenza: Adriano si preoccupa della conservazione dei tesori che sono racchiusi nelle biblioteche "i libri fragili oggetti di fibre e d'inchiostro così utili all'umanità".

Si legge: "Penso spesso alla bella iscrizione che Plotina aveva fatto apporre sulla soglia delle biblioteca istituita a sua cura in pieno Foro Traiano "Ospedale dell'anima""

E ancora: “C’era un nuovo progetto che mi tenne occupato a lungo e mi ci tiene tutt'ora: l’Odeon, una biblioteca modello, munita di sale per lezioni e conferenze, destinata a costruire un centro di cultura greca a Roma. Non vi prodigai tanti tesori quanti ne profusi nella nuova biblioteca di Efeso, costruita tre o quattro anni prima, nè la colmai dell’eleganza accogliente di quella di Atene. Di questa mia fondazione vorrei fare l’emula, se non l’eguale, del Museo d’Alessandria: ..nell’occuparmene penso spesso alla bella iscrizione che Plotina aveva fatto apporre sulla soglia della biblioteca istituita a sua cura in pieno Foro Traiano: ”ospedale dell’anima”"


L'ape di Seneca

I filosofi del passato, sostiene Seneca, "non sono i nostri padroni , ma le nostre guide", giacchè "chi accetta passivamente il pensiero di un altro non trova, anzi non cerca neppure qualcosa di nuovo". La metafora a cui egli ricorre per tratteggiare il proprio eclettismo, contrario ad ogni dogmatismo, è quella dell’ape (Epistole a Lucilio, 84), la quale, errando qua e là, sceglie i fiori adatti al miele, evitando quelli inadatti; dobbiamo ingerire il pensiero altrui come il cibo che, una volta assunto, viene digerito, rielaborato e fatto nostro: "e se anche nella tua opera trasparirà l’autore che ammiri, e che è impresso profondamente nel tuo animo, vorrei che la somiglianza fosse quella di un figlio, non quella di un ritratto: il ritratto è una cosa morta". Per questo motivo è di fondamentale importanza dedicarsi attivamente alla lettura dei libri – spiega Seneca nell’Epistola 2 -, scegliendone pochi ma buoni: sbaglia infatti chi passa in continuazione da un libro all’altro, senza fermarsi mai, poiché "nusquam est qui ubique est" ("non è da nessuna parte chi è dappertutto"): come chi viaggia di continuo ha ospiti ma non veri amici e come chi ingerisci troppi cibi non si nutre ma si intossica, così chi salta continuamente da un libro all’altro nuoce a se stesso.

(tratto da Diego Fusaro)